Le vacanze entrano nel vivo adesso, ma i ragazzi due giri se li sono già fatti: Tokyo è andata e così la montagna, adesso mancano solo un paio di bazzecole e qualche buon libro
Mettiamola così: uno se ne sta bello comodo in mezzo ai boschi, l’altro è tornato dal Giappone e si è trovato in mezzo a una tempesta di fulmini e grandine a Milano.
Faceva caldo anche in Giappone, ma Antonio ha fatto un bel giro della città giapponese, e poi anche una giratina a Seoul, già che c’era. Le considerazioni? Parecchie: si lavora bene, ci sono musei straordinari, il caldo a luglio è torrido ma il sole non brucia, il jetlag è come un serpente: vorresti buttarti a terra e dormire.
Ma sopra tutto: i mezzi pubblici sono uno spettacolo. Tutto ordinato e a posto. Una civiltà superiore, altro che, mica come quei simpatici caciaroni dei coreani. Viene voglia di ripiegare la casa in una scatola di fiammiferi, infilarsela in tasca e andare a vivere là, almeno per un po'.
Visto che era a Tokyo nei giorni giusti, Antonio è anche andato a vedere l’ultimo film di Hayao Miyazaki (quello con il titolo impronunciabile uscito un po' a sorpresa, che arriverà più avanti anche da noi). C’è andato come si va all’opera: leggendosi il libretto, perché del film in giapponese ovviamente non capiva niente.
Infine, siccome le cose che restano nel cuore sono quelle che si mangiano, evviva gli onigiri, i paninetti giapponesi che costano un’inezia mentre all’Esselunga ti viene da piangere quando li vedi a due euro e 50. Vabbè.
C’è poi da ragionare un attimo sul software, intelligente o meno, che sta diventando aggressivo e finirà che ci denuncia tutti. Soprattutto Riccardo quando insulta Alexa o Antonio quando cerca di convincere ChatGPT che “afrore” viene da Africa. Non c’è più rispetto per le persone anziane, viene da dire.
Passiamo ai libri. Con Antonio si fa presto: ha comprato ma non ha ancora letto né Status and Culture né Ametora entrambi di W. David Marx. Sono due saggi fichi sul Giappone, la moda, il perché cerchiamo di essere più di quel che siamo. Terzo libro: Il catalogo dei santi ribelli dell’ex vicino di blog di Antonio sul Post Leonardo Tondelli. Preso per due motivi: uno è che è un gran libro (Tondelli scrive da dio) e due perché è una raccolta riorganizzata di post del blog: un buon esempio per il libro sul Giappone a cui sta lavorando Antonio? Lui lo spera.
Veniamo a Riccardo, che invece ha fatto acquisti portentosi. A cominciare da 20 diconsi 20 libri di P.G. Wodehouse. Tutti usati, ovviamente. Ne parlavamo la scorsa puntata e adesso Riccardo ha fatto incetta sui siti. Ha già iniziato a leggere Aria di tempesta del ciclo del castello di Blandings, ma ne ha abbastanza per arrivare sino al 2030, quando le auto saranno tutte elettriche e il pianeta sarà tornato verde (sì, come no).
Poi, Riccardo ha preso anche un delizioso classico della letteratura sovietica tradotto da Paolo Nori e scritto dal Bukowski russo: Mosca-Petuškì: poema ferroviario di Venedikt Vasil’evič Erofeev. Un libro per alcolizzati e amanti dei treni.
Quindi, un altro classicone, questa volta di Nicholas Mirzoeff, che appartiene a questa nostra epoca fortunata in cui i manuali non sono più verticali e super analitici ma offrono un punto di vantaggio dal quale guardare e capire tante cose del mondo. Nello specifico, il titolo è proprio così: Come vedere il mondo. Un’introduzione alle immagini: dall’autoritratto al selfie, dalle mappe ai film. Tanta roba, se piace il genere.
Infine, un libro che a Riccardo proprio non è piaciuto, nonostante la fama di Fernanda Pivano, la sua autrice: I miei amici cantautori. Perché? Diciamo che è un po' impreciso su alcune cose, per essere gentili. Ma nel podcast i ragazzi non ci vanno tanto per il sottile.
Sempre pronto a dare una mano anche nelle stroncature, Antonio si lancia in un improvvisato pippone sull’equivalenza tra la chitarra elettrica e il romanzo di un autore. Sembra un discorso campato per aria e probabilmente lo è. Compreso il supplemento di pippone sulla cartotecnica che mette in relazione i feuilletton rispetto alle pubblicazioni moderne. Perché, si chiede Antonio, I tre moschettieri o Il Circolo Pickwick sono troppo lunghi per i format di oggi (ma non per quelli originali di ieri)? La risposta è sempre nella chitarra elettrica. Insomma, una roba che se Riccardo in fase di montaggio la tagliava non ci perdeva nessuno, ma comunque tiene compagnia.
Come la consapevolezza che Riccardo si rilegge le vecchie riviste di videogiochi prese da ArchiveDotOrg: piene zeppe di errori, o dicerie completamente prive di fondamento che poi si sono dimostrate puntualmente false. Mancava internet, eravamo tutti ignorati. Altro pippone (mignon questa volta) di Antonio e in un attimo siamo alla fine della puntata. Saluti a tutti e ci vediamo a settembre.
Buon agosto!
(PS: poi Antonio è sopravvissuto al concerto di Bruce Springsteen a Monza, ma l’organizzazione era veramente pessima, va detto).
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